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La battaglia di Capo Artemisio viene combattuta nell'agosto del 480 A.C. tra la lega delle città stato della Grecia
e l'impero achemenide di Persia, governato dal re dei re Serse I, nella stretta zona di mare delimitata dalla
Tessaglia e dall'isola di Eubea. Lo scontro non è altro che il fronte marino della battaglia delle Termopili e
rappresenta il primo scontro navale conseguenza della seconda invasione persiana iniziata poco prima con
l'attraversamento dell'Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli) su due ponti di barche. Le truppe di Serse, forti di
150.000-180.000 uomini, secondo le stime di moderni studiosi, marciano lungo la costa mentre la flotta, che
trasporta i rifornimenti, segue navigando in prossimità.
I Greci, dopo avere superato non poche divergenze su come affrontare l'incombente pericolo, attestano una
forza di 7.000-8.000 uomini al comando di re Leonida di Sparta al passo delle Termopili, situato in prossimità
della costa lungo lo stretto di Euripo. Di fronte a Capo Artemisio, sulla punta settentrionale dell'isola Eubea, presso Alpeni, vicino ad un
santuario di Artemide, i Greci mettono a presidiare lo stretto braccio di mare, dove i Persiani sono obbligati a passare se non vogliono
interrompere il rifornimento del loro esercito, una flotta al comando dello spartano Euribiade. Avviene così lo scontro navale tra le due
flotte avversarie.
LE FORZE IN CAMPO
La flotta greca
La consistenza della flotta greca è riportata da Erodoto nel numero di 271 trireme e 9 pentecòntori (7 dei locresi e 2 provenienti da Ceo).
Ciascuna città stato costituente la lega panellenica fornisce, secondo Erodoto, le navi come risulta dalla tabella seguente.
I rappresentanti delle città stato greche riunitisi a congresso presso l'istmo di Corinto nel 481 A.C. decidono che a comandare la flotta della
lega panellenica sia il nobile spartano Euribiade, che non ha alcuna esperienza di guerra sul mare. Le navi ateniesi sono comunque
comandate da Temistocle, che ha invece una grande esperienza di guerra sul mare e di fatto assumerà nel seguito il comando effettivo
dell'intera flotta.
La flotta persiana
La flotta persiana, sempre secondo Erodoto, è costituita da 1207 triremi, fornite dai diversi paesi conquistati, nel numero indicato nella
tabella seguente.
Secondo Erodoto c'erano da annoverare tra la flotta persiana anche altre navi, oltre 3000 tra pentecòntori, navi vedetta e da trasporto. Su
esse erano imbarcati complessivamente 250.000 uomini. Le cifre fornite da Erodoto sono certamente esagerate anche in considerazione
del fatto che prima della battaglia una violenta tempesta al largo delle coste macedoni, all'altezza di Afete, fa perdere ai persiani circa 400
navi. Probabilmente i Persiani schierano per la battaglia di Capo Artemisio una flotta di circa 500 unità. La flotta è al comando dei figli di
Dario Ariabigne e Achemene, e inoltre di Pressaspe e Megabazo. Ariabigne comanda il contingente ionico e cario, Achemene quello egizio
e gli altri due il resto della flotta.
LA BATTAGLIA
Dando battaglia a Capo Artemisio e cercando di fermare l'avanzata terrestre alle Termopili i Greci intendono prendere tempo per mettere
insieme un esercito più numeroso e consentire l'evacuazione dell'isola Eubea da parte degli isolani. I Persiani, nell'intento di intrappolare
le navi greche nello stretto Euripo, inviano 200 navi a circumnavigare l'isola. Una violenta tempesta però le distrugge scaraventandole
sugli scogli. Nel frattempo i Greci vengono informati da un disertore persiano, Scillia di Scione, della manovra dei Persiani e del fatto che
la loro flotta aveva subito notevoli perdite a causa di una tempesta lungo le coste macedoni, al largo di Afete. I Greci inviano subito 53
trireme a sud lungo lo stretto di Euripo e decidono di attaccare la flotta persiana. Un secondo attacco viene portato dai Greci quando le 53
trireme inviate a sud ritornano con la notizia della distruzione delle 200 unità persiane. Il risultato dello scontro è deludente e soltanto
alcune unità cilicie vengono affondate dai Greci. Il giorno successivo, il terzo della battaglia, che la tradizione vuole essere l'11 agosto,
l'iniziativa passa ai Persiani che formando un semicerchio tentano di intrappolare la flotta avversaria nello stretto specchio di mare di
fronte a Capo Artemisio. La manovra non riesce perché le unità persiane sono grandi e poco manovriere. Le piccole trireme greche hanno
la meglio su quelle avversarie distruggendone un gran numero. Erodoto riferisce però che anche le unità greche subirono pesanti perdite.
Alla fine dello scontro i Greci avranno perso metà della loro flotta. Sul fronte greco si distinse l'ateniese Clinia, padre di Alcibiade, che da
solo affondò moltissime navi persiane. Per contro sul versante persiano si distinsero gli egiziani, che catturarono cinque unità greche con
l'intero equipaggio.
LE CONSEGUENZE
Lo scontro non fu decisivo per l'esito della guerra. La notizia che Leonida alle Termopili era stato sopraffatto ed i Persiani stavano
dilagando verso Atene indusse la flotta a ritirarsi lungo il litorale dell'isola Eubea fino all'isola di Salamina. Nel compiere la manovra
Temistocle lascia lungo la strada messaggi indirizzati ai contingenti ionici della flotta persiana esortandoli a schierarsi a favore della causa
greca. I Persiani, avendo campo libero, saccheggiano Artemisio. Un mese dopo si combatterà la Battaglia di Salamina.